These pictures represent a rite of passage through my existence. To me they contain an excess of energy, a spill that makes everything unstable, pulsating, restless. A palpitation, that could be subtle or violent, which I want to photograph. There are no dots to connect. I am no more giving a sense to things. I just hold to hear their murmur, instead
Il sesso, il cibo, i figli, gli animali, le suggestioni dell’essere umano. C’è la vita in tutte le sue declinazioni dentro questo intenso viaggio fotografico di Jean Marc Caimi. “Daily Bread”, non a caso. Sfogliando il libro mi immedesimo nello sguardo dell’autore che d’un tratto diventa il mio. Osservo le cose da un punto di vista privilegiato e lentamente anche le mie emozioni prendono forma.
“Daily Bread” è anche una mostra fotografica in esposizione dal 30 maggio al 29 giugno 2014 alla Galleri Vasli Souza di Malmö(Svezia). Una personale del giornalista-fotografo italo francese Jean Marc Caimi già noto per il suo lavoro di fotoreporter, che questa volta si racconta in prima persona.
La presentazione del libro farà tappa anche in Giappone.
Esiste un filo invisibile che unisce fotografie così diverse l’una dall’altra?
“Il titolo spiega l’approccio del libro – dice Jean Marc Caimi – E’ il pane quotidiano, la nostra vita: la natura gli esseri umani, i figli, gli amici, la paura, la gioia, il futuro, il passato. Quindi la vita in tutte le sue sfaccettature. Tutto converge nella vita di ognuno.
In genere si sta attenti a mantenere le cose su piani distinti per un motivo di consuetudine sociale. Per me questo non esiste. Almeno non in questo libro, ma forse anche in generale. Quindi direi che non c’è un filo conduttore se non l’essere umano.”
Una sorta di gioco dei contrasti?
“Puoi mettere un maiale squartato e subito dopo tuo figlio o un atto sessuale, riguarda comumque l’essere umano, la sua bellezza. Con la fotografia ci si può liberare di consuetudini che limitano la visuale. E’ il mezzo per poterlo fare. La compressione temporale della fotografia, per cui hai sotto gli occhi immagini scattate in momenti diversi ti porta subito a riflettere sul tutto, sul totale dell’esperienza umana. Dovrebbe essere la più semplice delle considerazioni su noi stessi.”
Come nasce questo libro?
“Questo libro nasce dall’atteggiamento di alcuni fotografi, tipo me, che hanno una speciale urgenza di fotografare. E lo fanno di continuo, non solo quando lavorano a specifici progetti tipo quelli documentaristici che seguo per l’agenzia.”
Ci sono anche foto “pensate” o ti sei limitato a cogliere l’attimo?
“Sono quasi tutte non-costruite. Poi ce ne sono una serie costruite, ma riguarda più che altro un gioco con altre persone. In realtà sono pochissime. Il gioco è che mentre li fotografi loro ti parlano e allora tu gli dici: perchè non ti giri o non ti siedi lì…
Così è tutto naturale. Niente altro. Non esistono set preparati, nel senso che quando fai la foto cerchi di attendere il momento giusto l’espressione giusta. A volte fotografi quando vedi che la luce è giusta. Questo è il “pensato”.
Cosa racconta una fotografia?
“Nelle foto cerchi di rivivere emozioni che provi in precisi istanti, a volte riesci a farlo altre no.
Giacomelli, un maestro assoluto della fotografia, nella sua autobiografia racconta di una volta in cui era al mare con i gabbiani intorno e l’odore del mare, la risacca. E si sentiva speciale. Voleva fotografare tutto ciò, quello che provava. Ha scattato un rullo intero di foto, ma quando ha sviluppato i negativi si è accorto di non esserci riuscito. Ho trovato questo semplice aneddoto significativo.”
A volte è semplice, altre volte invece è impossibile trasmettere quello che si prova attraverso un’immagine.
“Il motivo tecnico è che non è facile far convergere 5 sensi in uno solo. Con la foto hai solo la vista per raccontare gli altri 5 sensi e quindi non basta fotografare il panorama che hai di fronte. Devi trovare ciò che racconta come ti senti, se il panorama ti fa sentire triste o allegro. Devi trovare esattamente cosa ti fa sentire allegro o triste di quel panorama un simbolo, come nei sogni. Magari è una foglia calpestata, invece dell’intero panorama, magari per te quello può sintetizzare ciò che provi. Quindi non sempre si può trovare. Un po’ come le parole non sempre riesci a trovare quelle giuste per descrivere come ti senti. Giacomelli quel giorno famoso non ci riuscì.”
Quali sono i tuoi soggetti preferiti?
“Sono attratto da cose un po’ surreali, imperfezioni, accostamenti improbabili che l’esperienza quotidiana ti offre. Ho fotografato molti gatti. Spesso mi capita di fotografare animali, o bambini perché fanno cose bizzarre. Sono meno strutturati degli adulti, più sorprendenti. Ti parlano in modo più diretto alla sfera emotiva.”
Raccontaci l’esperienza del fotografare.
“A volte, le foto prendono una vita propria. E raccontano una cosa in quanto foto bidimensionali e non rappresentazioni della realtà. Nei ritratti mi succede spesso. Fotografo una persona, sia nota che appena conosciuta, ho un ricordo di questa persona, della sua voce, del suo odore. E la foto mi racconta qualcosa che non avevo visto, perché la guardo senza le influenze del contesto. E’ un’esperienza formidabile per me. Non mi vergogno di questo, di perdere il controllo. Trovo che sia una caratteristica sorprendente e unica del mezzo fotografico. E’ straordinario poi che le foto si coniughino con le esperienze di ognuno e si mescolino con ciò che ognuno è. Raccontando emozioni diverse.”