“Il lutto”: il nuovo libro di Antonio Onofri e Cecilia La Rosa. E’ da pochi giorni nelle librerie l’ultimo capolavoro della letteratura scientifica firmato dai luminari della Psichiatria. Riflessioni dello scrittore Nicola Paparusso su un libro che si sta rivelando un grande successo.
Come è difficile e già doloroso pensare o pronunciare la parola lutto. Mi ha fatto sempre tanto paura perdere chi amo e per nulla la parola morte se riferita alla mia vita. Qualche giorno fa’ e’ morta mia sorella dopo una inutile lotta contro il cancro. Giovane, mamma, moglie e ancora figlia di una anziana mamma che ancora non si capacita di aver visto illogicamente invertirsi i tempi della vita e della morte. Chiunque sia mancato, un figlio, un coniuge, un genitore, un fratello, un nonno, un amico, sentiamo di aver perso una parte di noi stessi e, com’è naturale, sperimentiamo un periodo di sofferenza e difficoltà. Non si può amare qualcuno e perderlo, senza sentirsi soli e deprivati del suo affetto, della sua esistenza, senza diventare vulnerabili e provare dolore. Il lutto è come una ferita, il cui processo di cicatrizzazione e di guarigione richiede tempo e fatica, un vero e proprio lavoro per poter tornare a vivere una vita sicuramente molto diversa da quella di prima e che, piano piano con il tempo, scopriremo comunque densa di valore se riusciamo a integrare la perdita nella trama della nostra vita. Il lutto viene vissuto ed elaborato in tempi e modi molto personali e differenti: non esiste una maniera giusta in assoluto. Alcuni superano il lutto in breve tempo, altri lo portano nel loro cammino a ogni passo; alcuni ne risentono profondamente, altri diventano più maturi, più validi di prima: certamente tutti ne soffrono e portano il ricordo della persona scomparsa. Spesso capita che gli uomini “facciano i forti” per aiutare se stessi e gli altri familiari. Nascondono le emozioni più intime, e per non mostrare la loro vulnerabilità, trovano mille cose per tenersi occupati ed evitare di parlare della perdita che hanno subito. Secondo voi, un autore di saggi di sociologia come il sottoscritto, come ha reagito a questo dolorosissimo lutto? Mi sono ricordato che proprio in quei giorni l’amico Antonio Onofri (medico psichiatra, psicoterapeuta cognitivo- evoluzionista, didatta della SiTcc e Vicepresidente della Associazione italiana per l’eMDR. Titolare dell’Ambulatorio per i Disturbi da Stress Post-Traumatico presso il Servizio Psichiatrico dell’Ospedale Santo Spirito di Roma, Presidente dell’Unità di Terapia del Trauma del centro clinico de Sanctis di Roma e membro del comitato Scientifico della Psicoterapia Training School), che stimo come uomo e come scienziato e con il quale ho avuto l’onore di svolgere uno studio sulla sessuologia, aveva pubblicato il suo ultimo lavoro intitolato appunto “Il lutto”. Il testo che è già in tempi brevissimi campione di incassi, affronta il tema dei lutti reali, non simbolici, quindi, del lutto inteso come esperienza soggettiva della perdita per la morte di una persona alla quale si è profondamente legati. Dalla lettura emerge forte che è nel lutto che sembra trovarsi la più piena conferma di quella dimensione relazionale che fonda la natura umana e che è il lutto a sottolineare da un lato quanto l’esistenza umana sia intersoggettiva, dall’altro a mettere in luce quanto – una volta formatisi – i legami davvero significativi e importanti della nostra vita possano in fondo solo trasformarsi, ma mai finire nel nulla: nemmeno con la morte. Queste pagine che non sono solo dirette agli studenti di psicologia, agli psichiatri e agli psicoterapeuti, ma anche agli assistenti sociali, gli insegnanti, potranno costituire un manuale di consultazione e, soprattutto, uno strumento di riflessione e di intervento clinico sul tema del lutto, inclusi scale di valutazione, criteri diagnostici, protocolli di intervento. Questo libro è la miglior riflessione che si possa imporre a se stessi su un argomento così importante e imprescindibile dalla vita.